Edipo stranger

Ideazione e regia: Alfonso Santagata
con: Daria Panettieri, Alfonso Santagata, Attori del territorio di Ostia

“Tutte queste cose non accaddero una volta ma sempre sono così”    Sallustio

Edipo, nel tracciato classico di Sofocle, si è sempre mosso nella doppia tensione di trovare il padre e di curare la città.

All’origine, il parricidio e la polis, si presentano come inscindibili.

Questa storia e quel mito, con molte delle sue interpretazioni, viene qui ripresa per la coda: l’omicidio è avvenuto oramai da tanto tempo ed è stato ripreso e raccontato tante di quelle volte da essersi trasformato in un copione che è deragliato dai binari, al punto da diventare una sorta di recita anche involontaria che ripetiamo di continuo.

Ci resta solo la città d’affrontare.

Nel teatro di Sofocle ci sono contrasti che mettono in luce le differenze tra due ideali di vita, il tragico di Sofocle è strettamente legato all’ideale umano.

Con questo lavoro, vogliamo spostare il conflitto degli uomini con gli Dei, con il conflitto tra uomini, tra due regole di vita, due diversi ideali, due diversi doveri.

Infatti, come nel finale dell’Edipo pasoliniano, il mondo arcaico viene lasciato alle rappresentazioni, alle rielaborazioni, alle messe in scena, oggi Edipo trova posto nei margini, nell’isolamento dell’esclusione, nell’angolo buio di una casa improvvisata sotto un ponte.

Oramai gli “edipi” di oggi non si identificano più con il popolo e il loro distacco li salva dalla malattia che pervade non solo quel popolo, ma l’intera città. Qui tutti sono malati, contagiati, segnati… Se nel testo classico Edipo si proponeva: «Disperderò questa sozzura», oggi quella sozzura è l’unico luogo che resta da cui guardare un mondo contagiato e sofferente, a cui anche gli dèi si rifiutano di rispondere.

Oramai Edipo non è più un problema. Né è più il capo espiatorio. È un naufrago. La cui cecità si è trasformata in vista: è l’unico che vede in una terra di ciechi.