ideazione e regia: Alfonso Santagata
con: Alfonso Santagata, Claudio Morganti e otto detenuti della Casa Circondariale di Lodi
Milano, Casa Circondariale di Lodi, 25 giugno 1987
Quando ci hanno proposto la possibilità di questo lavoro nelle carceri eravamo un po’ spaventati, ma molto attirati immediatamente abbiamo accettato. Il primo incontro con i detenuti è stato nella cappella del carcere, qualcuno ha fatto le presentazioni, non ricordiamo una parola di quello che abbiamo detto. Ricordiamo l’immediato silenzio che seguiva, ci sentivamo pietrificati, è durato tantissimo quel silenzio straziante. Avevamo capito che toccava a noi esporre quello che volevamo fare. Gli abbiamo detto che in quel momento le uniche idee chiare era su quello che non volevamo fare: fargli fare una recita o dei personaggi che non hanno niente a che vedere con loro, e per quanto ci riguarda anche con noi e con il nostro teatro. Circa dieci incontri sono serviti a conoscerci. Solo dopo che ci siamo mostrati loro hanno fatto altrettanto. Dovevano consegnarci i loro pensieri, i loro sentimenti, le loro emozioni, solo in questo modo si poteva creare qualcosa insieme. In quel luogo, in qualsiasi momento, poteva accadere qualcosa, non solo sulla pedana, ma soprattutto nell’aria che tutti noi respiravamo. Era arrivato il momento di farli esibire, di mostrarsi nel gioco, di inventare ogni volta una situazione nuova. Questo loro agire aveva il sapore della rivolta e dell’auto affermazione, lo scatenamento del caso allo stato puro, l’unico modo per esaltare la vita. Questi luoghi dove i sentimenti sono naturalmente alterati ti conducono immediatamente al teatro: trovare una forma che esprima il caos e la confusione sia del carcere che del teatro. L’uomo contro il destino. Il lavoro non è nato da un testo o da un cannovaccio, né da qualcosa di prestabilito; è il risultato diretto delle esperienze vissute insieme nel corso di 25 incontri.